domenica 5 ottobre 2008

Sintesi della relazione di Paolo Ferrero


Direzione Nazionale del Partito della Rifondazione Comunista, 2 ottobre 2008

La fase politica
Al congresso avevamo detto che c'era una crisi del neoliberismo che si cominciava a vedere e che, parallelamente, c'erano i pericoli di una stabilizzazione moderata del berlusconismo per assenza di una opposizione efficace. Stiamo assistendo ad una accelerazione molto forte su tutti e due i piani, e vorrei darne brevemente conto. Sulla parte della tendenza alla guerra e sugli elementi di crisi geopolitica ne abbiamo discusso ampiamente nell'ultima direzione e non vorrei quindi tornarci, se non per richiamare il fatto che su questo versante ci troviamo in una fase di grande destabilizzazione in cui i punti che abbiamo individuato (lotta al riarmo, lotta all'allargamento della Nato ad Est e contro la Nato, per la rimessa al centro del diritto internazionale) devono essere tenuti fermi, perché sono i nodi di fondo.

A questa si è aggiunta la crisi finanziaria, che è a tutti gli effetti una crisi del capitalismo nella sua forma neoliberista. Evitando ogni ideologia della crisi, ne sottolineo gli elementi, dal mio punto di vista, qualitativi. La crisi non è un elemento riassorbibile facilmente con la riproposizione di politiche neoliberiste. Mi pare evidente che sia la profondità che l'ampiezza degli elementi di crisi obbligano ad un salto di qualità. L'intervento pubblico, che sino a tre settimane fa pareva una cosa da estremisti, è oramai parte del dibattito sulle prime pagine dei quotidiani. C'è una crisi del neoliberismo dovuta a contraddizioni interne: non è una crisi maturata nella capacità di un movimento di massa di mettere in discussione il neoliberismo, è una crisi all'interno del meccanismo di accumulazione, che non ha esiti predeterminati.

La discussione si sposta dal se deve essere fatto l'intervento pubblico al come deve essere fatto: con una politica di bassi salari che socializzi le perdite per tutelare i profitti oppure con una politica di alti salari e di aumento dei diritti sociali. In questo contesto si inserisce la politica del governo Berlusconi, una politica organica, non una sommatoria di provvedimenti, in cui troviamo dalla questione dei contratti, con il tentativo di smontare il Contratto nazionale di lavoro e di puntare ad una individualizzazione del rapporto di lavoro con una modifica strutturale del ruolo del sindacato. Dall'attacco al welfare, alla scuola, che si può assumere come elemento paradigmatico della politica di Berlusconi, perché da un lato c'è l'elemento di riduzione delle risorse, ma in realtà si cerca di ridisegnare la società in termini regressivi.

Il federalismo fiscale è l'altra faccia del disegno per attaccare il Ccnnll in cui l'attacco al welfare causato dalla diminuzione delle risorse, si sommerebbe ad una guerre tra regioni ricche e regioni povere. La questione della democrazia nel Paese. Attraverso una miriade di norme fatte per non far funzionare la giustizia come una giustizia per tutti, si lavora da un lato a sottomettere all'esecutivo il controllo della magistratura, da un altro a far sì che le forze di polizia abbiano "le mani libere", cercando di modificare la democrazia nel Paese in senso autoritario. Così come la legge elettorale per le elezioni europee, con il combinato disposto dello sbarramento e della eliminazione delle preferenze, farebbe sì che la sinistra rischi di essere cancellata dal Parlamento europeo e che i presidenti di quattro o cinque formazioni politiche possano decidere chi andrà in Europa a rappresentare i loro interessi, producendo una riduzione della democrazia, che coincide con la ristrutturazione in forma autoritaria delle formazioni politiche che gestiscono il mercato della politica. L'attacco alla libertà di stampa e il tentativo di assassinare Liberazione e il manifesto vanno nella stessa direzione. L'obiettivo del governo è la gestione autoritaria della frantumazione del conflitto sociale. In questo quadro ci sono degli elementi di controtendenza che vanno valorizzati. Da questi dobbiamo ripartire per avere una prospettiva politica.

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