mercoledì 17 dicembre 2008

Occupazione delle fabbriche, nazionalizzazione delle banche...la svolta a sinistra di Rifondazione!


di Mauro Piredda
dal Blog dei gc di Sassari

Nel volantino che abbiamo distribuito come Giovani Comunisti e circolo studentesco Majakovskij il 4 dicembre scorso, in occasione dello sciopero di Porto Torres contro la chiusura del petrolchimico, abbiamo messo alcuni punti che saranno nel prossimo periodo colonne portanti per l'uscita a sinistra dalla crisi del capitalismo.

Con la nostra modestia e con la nostra umiltà, vogliamo proporre, come estrema lotta e come unica forma di garanzia contro la desertificazione industriale, l’occupazione degli impianti prima che siano i padroni a chiuderli" con l'inevitabile sbocco della nazionalizzazione sotto il controllo dei lavoratori. Rivendicazione da estendere a tutti quei settori privatizzati negli ultimi 20 anni.

"Con tali risorse in mano e con un sistema di banche pubbliche sarebbe possibile sviluppare grandi piani di intervento su assi centrali quali: edilizia pubblica, sistema energetico, trasporto pubblico locale e nazionale, servizi pubblici essenziali, telecomunicazioni in modo da garantire la piena occupazione".

In quella manifestazione abbiamo portato queste rivendicazioni, con molta umiltà, dopo essere andati più volte ai cancelli del petrolchimico: per esprimere la nostra solidarietà, per rivendicare l'unità studenti-lavoratori, per l'inchiesta lampo sui lavoratori e la crisi. Proposte forti, certo; l'alternativa?

Oggi queste rivendicazioni le troviamo nel documento finale del Comitato politico nazionale di Rifondazione. Ed è un segnale chiaro della svolta a sinistra che inizia a prendere corpo.

"La difesa del reddito di chi perde il lavoro è per noi legata indissolubilmente alla difesa dell’occupazione e di tutti i posti di lavoro minacciati dalla crisi. Aderiamo pertanto all’idea proposta dal segretario della Fiom del blocco dei licenziamenti. Tale rivendicazione va sviluppata in tutte le sue implicazioni, dalla proposta della riduzione dell’orario di lavoro come strumento per mantenere l’integrità della forza lavoro distribuendo il lavoro disponibile, fino alle sue conseguenze più radicali, ossia la difesa attraverso la mobilitazione e l’occupazione di quelle aziende che minacciano chiusura, licenziamenti, delocalizzazioni, smantellamento di interi settori".

In diversi angoli del mondo questa forma di lotta è portata avanti dai lavoratori più avanzati (e Marx diceva che non è la coscienza degli uomini a determinare la loro condizione sociale, ma è la loro condizione sociale a determinarne la coscienza) in lotta per la difesa del posto di lavoro: Argentina, Venezuela, Brasile, ma anche Stati Uniti d'America come dimostra il caso della Republic Doors & Windows di Chicago (una cosa che non si vedeva dagli anni '30). In alcuni casi delle aziende, e interi settori, sono stati nazionalizzati con i lavoratori che hanno condotto tale lotta nello stesso tempo che producevano sotto controllo operaio!

Ma chi produce sotto il controllo operaio ha dei problemi non di poco conto: l'approvvigionamento delle materie prime, la questione del credito e la commercializzazione. Problemi che richiedono risposte di sistema poichè il controllo pubblico sulla produzione si deve estendere alle altre fabbriche, la distribuzione deve essere funzionale agli interessi della società e le banche...devono essere pubbliche, nazionalizzate anch'esse!

Dal documento: "Proponiamo la nazionalizzazione della banche di interesse nazionale al fine di una gestione del credito svincolata dalla ricerca della redditività a breve e finalizzata alla riconversione ambientale della produzione". Anche perchè...come facciamo a riconvertire ambientalmente lo stabilimento di Porto Torres, ad esempio, se l'azienda rimane funzionale al profitto di pochi e se non vi è un sistema del credito all'altezza?

Due cose. La prima è che non è sufficiente parlare di nazionalizzazione delle banche: Northern Rock in Inghilterra e Fortis in Belgio sono state nazionalizzate; ma si tratta nella sostanza di un afflusso di capitali pubblici nelle banche senza che questo implichi la partecipazione dello Stato ai consigli di amministrazione, né un reale controllo che possa essere esercitato. Il controllo pubblico deve essere il prossimo e imminente argomento da sviscerare per approfondire la questione.

La seconda è che le rivendicazioni immediate e la prospettiva generale, per dare una risposta di sinistra alla crisi, devono essere interconnesse con un paziente lavoro politico-programmatico e teorico che coivolga tutti i livelli del partito e di intervento nei luoghi del conflitto.

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