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Partito della Rifondazione Comunista
al Collegio nazionale di garanzia
al Collegio regionale di garanzia sardo
Oggetto: richiesta di pronunciamento del Collegio di garanzia nazionale sulla convocazione cpr sardo.
In data 6 dicembre 2008 è stato convocato il Comitato politico regionale della Sardegna, durante lo svolgimento dello stesso si è deciso, a maggioranza, di procedere al suo proseguimento per il martedì 16 dicembre 2008. A chi richiedeva l’aggiornamento all’8 dic ( giornata festiva che avrebbe facilitato la partecipazione di chi ha impegni di lavoro), è stato risposto che così facendo non ci sarebbe stato il tempo per mandare la comunicazione dell’aggiornamento agli assenti.
Invece per l’aggiornamento nessuna comunicazione, neppure informale, è stata inviata alle Compagne e ai Compagni componenti il Cpr sardo.
Anche a voler intendere che i presenti alla prima riunione fossero debitamente informati del proseguimento della riunione, nessuna comunicazione che avvertisse perlomeno le Compagne ed i Compagni assenti ha dato loro la possibilità di essere informati della nuova data.
All'apertura della seconda riunione veniva fatto notare alla presidenza, composta dal Presidente del Comitato politico regionale , dal Segretario regionale e dal Presidente del Collegio regionale di garanzia, l'anomalia della convocazione medesima e l'assenza di Compagne e Compagni dovuta essenzialmente al non aver avuto nessuna notizia sull’aggiornamento.
Altresì veniva richiesto che durante la riunione non si assumessero decisioni formali che potessero essere in seguito inficiate .
Il Presidente del Cpr , senza alcuna consultazione del Presidente del Collegio di Garanzia, ha risposto che nessuna comunicazione era dovuta , neppure alle Compagne ed i Compagni assenti alla prima riunione, e che comunque la riunione si intendeva perfettamente regolare data anche la presenza del numero legale in sala. Tanto è vero che le votazioni finali su documento ed elezione della segreteria regionale hanno ottenuto 37 voti su 70 componenti del Cpr.
Si chiede, pertanto, al Collegio nazionale di garanzia di volersi esprimere sulla regolarità della convocazione di detto Cpr e pertanto delle deliberazioni assunte.
v.pillai, g.fresu, g.ibba. m.piredda, g.stocchino, v.macrì
Non siamo all’altezza delle difficoltà che il precipitare della crisi economica e sociale ci pone :non solo perché l’azione di logoramento svolta dalla minoranza rende difficile mobilitare il partito nel suo complesso sulle scadenze di lotta che vengono decise ma, soprattutto, perché in questi anni ,quasi tutti noi, abbiamo lavorato pensando che si potesse andare avanti da una elezione all’altra e non ostacolando, quindi,adeguatamente quel processo di istituzionalizzazione del Partito che oggi appesantisce e tende a vanificare la scelta strategica del partito sociale che riparte dal basso a sinistra.
Non c’è bisogno di essere contro la partecipazione del partito alle elezioni per rendersi conto che abbiamo contribuito a creare un ceto che si sta progressivamente autonomizzando, fino a fenomeni estremi, per cui chi è nelle istituzioni crea veri e propri feudi che lavorano solo per riprodurre il potere del consigliere o dell’assessore. In Sardegna, della cui situazione parlerà dopo un altro compagno, vi sono esempi emblematici.
Abbiamo trascurato quella cura del Partito che parte dalla valorizzazione del militante presente nei movimenti , dall’azione di formazione del dirigente attraverso il suo percorso nel luogo di lavoro, nell’esperienza personale dello scontro di classe e della militanza sindacale. Recuperare su questo terreno sarà faticosissimo e il giornale,senza nulla togliere all’autonomo contributo che ogni giornalista può liberamente dare, attraverso il suo lavoro , ad individuare i punti critici della nostra scelta strategica, deve divenire uno strumento di informazione e formazione; in vista di momenti nei quali non è detto che il precipitare del ceto medio verso l’ indigenza faciliti necessariamente una svolta politica a sinistra; non vedo le condizioni culturali di massa e non c’è ancora un partito attrezzato per contrastare prevedibili livelli di populismo fin’ora sconosciuti ai nostri militanti e le azioni dei tanti strumenti, legali e non , di cui possono disporre gli apparati dello Stato.
Se la realtà di chi è detenuto nelle strutture, o nelle parti dei centri (come a Gradisca), destinate alla Permanenza Temporanea in attesa di espulsione, ora chiamati CIE, è da sempre drammatica, con gli episodi degli ultimi giorni viene a galla una seconda realtà, da sempre denunciata, ma molto spesso dimenticata: quella dei richiedenti asilo. I cosidetti centri di prima accoglienza diventano così delle vere e proprie prigioni. La struttura di Gradisca ha messo a disposizione 250 posti proprio per l’identificazione e "l’accoglienza" dei richiedenti, quella di Elmas è totalmente dedicata agli aspiranti rifugiati. Ad accomunarne le sorti la comune gestione di Connecting People, "impresa socialmente orientata".
I richiedenti asilo, anche grazie alle nuove norme approvate con il Decreto legislativo n. 159 del 3 ottobre 2008, entrato in vigore il 5 novembre scorso, possono essere soggetti alla restrizione della libertà di circolazione. Inoltre, il macchinoso iter per la risoluzione della domanda, fatto di valutazioni, ricorsi e permessi temporanei che si propongono come anti-cametra all’irregolarità, si traduce in tempi di attesa per la risposta che superano ormai abbondantemente i sei mesi, creando situazioni di semi-detenzione, se non di totale di restrizione della libertà, insopportabili.
Ma non è tutto. La Connecting People, a garanzia del "tutto esaurito" (per ogni migrante "ospitato" riceve un lauto compenso), ha saputo mettere in campo un vero e proprio canale preferenziale tra le coste dove avvengono gli sbarchi e le strutture che gestisce. Lampedusa e Gradisca sono al lato opposto della penisola ma Connecting People, ora si è scoperto il motivo della scelta del nome, ha saputo accorciare le distanze con ponti aerei senza precedenti che dalla Sicilia portano i richiedenti asilo a presentare domanda per lo status di rifugiati proprio nel Friuli.
Sulla situazione delle due strutture proponiamo l’intervista a Roberto Loddo (Associazione 5 novembre per i diritti civili di Cagliari) e Cristian Massimo (Associazione Razzismo Stop FVG) e alcuni approfondimenti.
Cpa di Elmas - La denuncia delle associazioni: il centro è una prigione
Intervista a Roberto Loddo, Associazione 5 novembre per i diritti civili
L’inferno di Elmas in Sardegna, il Cpt della rabbia di Costantino Cossu
Protesta rifugiati davanti prefettura Cagliari Fonte: Sardegna Oggi 09.12.08
Cpt di Gradisca - Tra disordini, fughe e speculazione dei gestori
Intervista a Cristian Massimo dell’Associazione Razzismo Stop
Cpt di Gradisca - Una rivolta nel Cie non pacificato Fonte: Meltingpot.org 09.12.08
Accoglienza e detenzione: le due facce del cpt di Gradisca di Gabriele Del Grande
Gradisca. Cpt, la gestione a Connecting people
Nel volantino che abbiamo distribuito come Giovani Comunisti e circolo studentesco Majakovskij il 4 dicembre scorso, in occasione dello sciopero di Porto Torres contro la chiusura del petrolchimico, abbiamo messo alcuni punti che saranno nel prossimo periodo colonne portanti per l'uscita a sinistra dalla crisi del capitalismo.
Con la nostra modestia e con la nostra umiltà, vogliamo proporre, come estrema lotta e come unica forma di garanzia contro la desertificazione industriale, l’occupazione degli impianti prima che siano i padroni a chiuderli" con l'inevitabile sbocco della nazionalizzazione sotto il controllo dei lavoratori. Rivendicazione da estendere a tutti quei settori privatizzati negli ultimi 20 anni.
"Con tali risorse in mano e con un sistema di banche pubbliche sarebbe possibile sviluppare grandi piani di intervento su assi centrali quali: edilizia pubblica, sistema energetico, trasporto pubblico locale e nazionale, servizi pubblici essenziali, telecomunicazioni in modo da garantire la piena occupazione".
In quella manifestazione abbiamo portato queste rivendicazioni, con molta umiltà, dopo essere andati più volte ai cancelli del petrolchimico: per esprimere la nostra solidarietà, per rivendicare l'unità studenti-lavoratori, per l'inchiesta lampo sui lavoratori e la crisi. Proposte forti, certo; l'alternativa?
Oggi queste rivendicazioni le troviamo nel documento finale del Comitato politico nazionale di Rifondazione. Ed è un segnale chiaro della svolta a sinistra che inizia a prendere corpo.
"La difesa del reddito di chi perde il lavoro è per noi legata indissolubilmente alla difesa dell’occupazione e di tutti i posti di lavoro minacciati dalla crisi. Aderiamo pertanto all’idea proposta dal segretario della Fiom del blocco dei licenziamenti. Tale rivendicazione va sviluppata in tutte le sue implicazioni, dalla proposta della riduzione dell’orario di lavoro come strumento per mantenere l’integrità della forza lavoro distribuendo il lavoro disponibile, fino alle sue conseguenze più radicali, ossia la difesa attraverso la mobilitazione e l’occupazione di quelle aziende che minacciano chiusura, licenziamenti, delocalizzazioni, smantellamento di interi settori".
In diversi angoli del mondo questa forma di lotta è portata avanti dai lavoratori più avanzati (e Marx diceva che non è la coscienza degli uomini a determinare la loro condizione sociale, ma è la loro condizione sociale a determinarne la coscienza) in lotta per la difesa del posto di lavoro: Argentina, Venezuela, Brasile, ma anche Stati Uniti d'America come dimostra il caso della Republic Doors & Windows di Chicago (una cosa che non si vedeva dagli anni '30). In alcuni casi delle aziende, e interi settori, sono stati nazionalizzati con i lavoratori che hanno condotto tale lotta nello stesso tempo che producevano sotto controllo operaio!
Ma chi produce sotto il controllo operaio ha dei problemi non di poco conto: l'approvvigionamento delle materie prime, la questione del credito e la commercializzazione. Problemi che richiedono risposte di sistema poichè il controllo pubblico sulla produzione si deve estendere alle altre fabbriche, la distribuzione deve essere funzionale agli interessi della società e le banche...devono essere pubbliche, nazionalizzate anch'esse!
Dal documento: "Proponiamo la nazionalizzazione della banche di interesse nazionale al fine di una gestione del credito svincolata dalla ricerca della redditività a breve e finalizzata alla riconversione ambientale della produzione". Anche perchè...come facciamo a riconvertire ambientalmente lo stabilimento di Porto Torres, ad esempio, se l'azienda rimane funzionale al profitto di pochi e se non vi è un sistema del credito all'altezza?
Due cose. La prima è che non è sufficiente parlare di nazionalizzazione delle banche: Northern Rock in Inghilterra e Fortis in Belgio sono state nazionalizzate; ma si tratta nella sostanza di un afflusso di capitali pubblici nelle banche senza che questo implichi la partecipazione dello Stato ai consigli di amministrazione, né un reale controllo che possa essere esercitato. Il controllo pubblico deve essere il prossimo e imminente argomento da sviscerare per approfondire la questione.
La seconda è che le rivendicazioni immediate e la prospettiva generale, per dare una risposta di sinistra alla crisi, devono essere interconnesse con un paziente lavoro politico-programmatico e teorico che coivolga tutti i livelli del partito e di intervento nei luoghi del conflitto.