lunedì 23 febbraio 2009

La Sinistra europea ricomincia da sé

sinistra_europea.gifDov'era finita la Sinistra Europea? L'ha ammazzata l'Arcobaleno?, come dice Franco Russo. Ci aveva provato, quando, orsono 14 mesi, al Ponte dell'Immacolata 2007, aveva relegato l'"eccedenza" (parola assai in voga al tempo) a lato e in fondo agli Stati geerali. Bastava osservare i volti seccati e ostili di parecchi delegati della Fiera di Roma (lo stesso posto dell'assemblea di ieri del piddì) quando fece la sua apparizione il corteo interno dei No Dal Molin. Cinzia Bòttene dovette parlare tra l'impazienza sufficiente degli apparati.

di Checchino Antonini
lunedì 23 febbraio 2009
da Liberazione

Insomma, che cos'è rimasto, dopo «la scorciatoia arcobaleno», di quell'intuizione che doveva servire - parole della fiorentina Monica Sgherri - «a inventare forme nuove e più complesse della politica?». A dire il vero è dall'humus della Sinistra europea che è scaturito l'appello per la manifestazione dell'11 ottobre scorso che solo uno sguardo frettoloso e strabico poté leggere come residuale e identitario. A contare i nodi presenti ieri mattina al Rialto S.Ambrogio, spazio autogestito e ospitale del centro di Roma, mancavano all'appello soprattutto i nodi "inventati" da pezzi dell'apparato di Viale del Policlinico quando si puntava sul progetto fortemente voluto da Fausto Bertinotti. Forse vale il sospetto che, per alcuni, la Sinistra europea doveva servire a «superare Rifondazione», lo ha ricordato il livornese Massimo De Santi. C'erano anche altre sedie vuote, è vero, su tutte spiccava l'assenza dei centri sociali, ma - assicura Elio Bonfanti di Socialismo XXI - che quelle interlocuzioni non si sono affatto elise nell'ennesima delle «separazioni diasporiche» (dice la femminista Bianca Pomeranzi) che si è abbattuta su un campo politico che resta comune. E' toccato a Ciro Pesacane del Nodo ambientalista, introdurre l'assemblea ricordando la ricerca di contaminazioni intrapresa da Genova in poi e la necessità di intercettare i conflitti nei territori. «Il movimento - ha ricordato citando Belem - non si esaurisce nella somma delle sigle». Dai territori, però, arrivano segnali a intermittenza: da un lato quello di Mirafiori dove la Fiom sta dando vita a un Gap operaio, raccogliendo la suggestione dei gruppi di acquisto popolari praticata dal Prc, da Action e altri.
Ci sono le esperienze calabresi della dorsale dei comuni solidali, ricordata da Principe della Sinistra euromediterranea, che inverte la tendenza dell'inospitalità verso i migranti. Ma ci sono le ronde «in nome delle donne, come al tempo fu per la guerra in Afghanistan» (Pomeranzi) o la dispersione dei saperi e la chiusura in se stessi, dopo la sconfitta, che Simona Ricotti è costretta a registrare a Civitavecchia dove incombe la costruzione di una megacentrale a carbone: «senza luoghi di incontro tra le culture ambientaliste e quelle lavoriste, la sinistra sconfitta si arrocca nella richiesta di nuove infrastrutture». Dalle città arrivano altri racconti di amori difficili tra movimenti e partiti e non mancano nella discussione dosi da cavallo di consapevolezza. Sia sulla debolezza delle forze in campo, sia sulla sfiducia nei partiti, sia sull'arretratezza del discorso su temi come quelli di vita e morte. «Bisogna trovare modi diversi di vivere, amare, consumare, morire», ha avvertito la femminista Anita Sonego. E «sottrarsi all'agenda politica dell'avversario, bisogna far interagire gli interessi colpiti dalla crisi, non metterli uno accanto all'altro», le ha fatto eco Salvatore Bonadonna. D'altronde è proprio per questo che è nata Sinistra europea da sempre in connessione col forum sociale europeo.

Ma come andare avanti? Sulla carta ci sono gli organismi statutari ancora in piedi. Ma la prossima assemblea nazionale, che sarà convocata per i primi di aprile, dovrà segnare una «discontinuità» col passato nella consapevolezza di un'autonomia dei soggetti, lontani dalla crisi del Pd: non è lì dentro che si attiverà la nuova sinistra. «Il Pse è organico al neoliberismo, esprime i leader di Wto e Fmi, e partecipa a una grosse koalition in Europa» (Fabio Amato). «Ed è stato D'Alema a chiedere a Consorte di farlo sognare» (Bonfanti).

La discontinuità è anche quanto auspica Paolo Ferrero, il segretario nazionale di Rifondazione, per l'«animale ibrido» che si chiama Sinistra europea e per il quale il gruppo dirigente del Prc «ha continuato a dettare i tempi». All'origine c'era l'idea - la chiamiamo "genovese" per praticità sebbene abbia origini più antiche - che il partito non debba possedere «il monopolio della politica», che fosse un "pesce nel mare" (come amavano ripetere i giovani comunisti all'indomani di Seattle) e che il dialogo con i movimenti dovesse essere «paritario». Bene, per Ferrero «quel dialogo è da riprendere. Rifondazione, che ha fatto un congresso decidendo di esserci per l'oggi e il domani, non deve diventare come la dipinge Vendola». E lo sguardo del Prc sarà tanto più aperto, quanto più sarà «interloquito». Quale sarà la forma per questa rete di relazione stabile? Ferrero immagina una "coordinadora", una coalizione così come si manifesta in America Latina, le cui caratteristiche siano l'«autonomia dei soggetti» e il carattere «alternativo al Pd». Un discorso che si incrocia necessariamente con i ragionamenti per le imminenti europee. «Sarebbe sbagliato mettere insieme tutti per inseguire il 4%, così come sarebbe fallimentare la sola unità dei comunisti. Il primo è un fatto tutto di ceto politico, l'altro solo simbolico e identitario. Ma tutti e due sono fatti "privati", che non incidono nella società». Il dialogo con il Pdci è «importante» ma è dentro un percorso con altri soggetti anticapitalisti, femministi, ambientalisti. Questo non significherà neofrontismo - il riferimento è alla cosiddetta "lista per la democrazia" - «il problema è quello di tornrae a parlare agli operai che votano Lega o alle perifere romane che hanno eletto Alemanno. Contro i rischi di semplificazione autoritaria, o di ripiegamento in comunità chiuse, va ricostruito l'avversario di classe in termini visibili. Va "rimesso in piedi". Questa verticalizzazione del conflitto serve a sostituire un sano conflitto di classe alla guerra tra poveri». Una ricostruzione di senso che ha bisogno di tempo - Ferrero e l'assemblea ne sono coscienti - «la strettoia del 4% non deve contraddire questa impostazione».