martedì 7 aprile 2009

Direzione Prc: il programma di Rifondazione per le elezioni europee


Odg della Direzione nazionale dell'11.2.2009

Le prossime elezioni europee avvengono proprio mentre è evidente, in tutto il mondo, il fallimento del modello del capitalismo globalizzato. Siamo di fronte ad una crisi di carattere sistemico, non solo economica e finanziaria, ma sociale, alimentare, energetica, ambientale, che sta scuotendo l’intero pianeta. La crisi della globalizzazione capitalista conferma la scelta riaffermata al Congresso di Chianciano del PRC , ovvero quella del rilancio del progetto strategico della rifondazione comunista e di ripresa del percorso cominciato a Genova e proseguito con la grande esperienza partecipativa dei Social Forum, quello della sua internità al movimento mondiale contro la globalizzazione capitalistica e la crisi economica che questa ha prodotto.

In Europa ciò richiede il rafforzamento dell’unità della sinistra antiliberista, anticapitalista e delle forze comuniste, sia nell’ambito del Partito della Sinistra Europea sia in quello del Gruppo Parlamentare Europeo della Sinistra Unitaria Europea-Sinistra Verde Nordica. L’Europa di Maastricht mostra oggi tutti i limiti di una costruzione fondata sul primato del mercato sulla democrazia, sul dogma monetarista che ha imposto politiche finanziarie ed economiche che hanno prodotto aumento delle disuguaglianze, privatizzazioni dei servizi pubblici e controriforme dei sistemi di welfare su tutto il continente, congiuntamente alla precarizzazione del lavoro, alla deregolamentazione dei mercati e alla discriminazione dei migranti. Una discriminazione che si è tradotta nell’accentuarsi della guerra tra poveri, nel perpetuarsi di condizioni di subalternità giuridica nell’accesso ai diritti di cittadinanza reale, nell’approvazione di vere e proprie “leggi razziali”.

Quest’Europa è quella che viene confermata dai contenuti del Trattato di Lisbona e contro cui si sono espressi i popoli europei che hanno potuto pronunciarsi. Neoliberista e allo stesso tempo ademocratica. Un’ Europa a misura delle banche e non dei popoli. Dove il potere è sempre di più nei governi e sempre meno in assemblee democraticamente elette. Un’Europa che è stata fin qui subalterna alla Nato e complice della guerra preventiva, incapace di proporre una politica di pace e di disarmo.

Questa Europa si è retta su una grande coalizione, formata dai più grandi partiti europei, in primis popolari e socialisti, che sono responsabili di queste politiche liberiste e che hanno praticato una costruzione mercantile e non politica dell’Europa. E’ dunque necessario contrastare fortemente questa grande coalizione e costruire l’alternativa alla lunga stagione del neoliberismo.

La Direzione Nazionale decide quindi di dar vita ad un percorso di costruzione della lista in vista delle elezioni europee, aperto e in relazione con i soggetti e le forze del movimento altermondialista, anticapitalista, comunista, femminista, LGBTQ, ambientalista, sindacale. Sulla base del Documento Congressuale, la Direzione nazionale decide pertanto di promuovere una lista da presentare alle prossime elezioni europee che, partendo dalla presentazione del simbolo di Rifondazione Comunista-SE, condivida la scelta di appartenenza al GUE-NGL, unisca tutte le forze anticapitaliste, comuniste, di sinistra, sulla base di contenuti alternativi al progetto di Trattato di Lisbona e all’impostazione neoliberista e militarista dell’Unione Europea.

La proposta che avanziamo è quella di una lista, che si ponga l’obiettivo di rovesciare queste politiche economiche e sociali antipopolari, che hanno prodotto la crisi, a partire dal programma elaborato dal Partito della Sinistra Europea. Con un percorso partecipato, vogliamo quindi costruire, riconoscendo la non autosufficienza di Rifondazione Comunista, una lista che sia un concreto segnale di unità della sinistra di alternativa; lista di cui siano protagonisti tutti i soggetti che stanno pagando la crisi e tutti i movimenti che si stanno battendo contro le politiche neoliberiste che l’hanno causata: lavoratori, precari, donne, giovani, studenti, pensionati e migranti. Una lista che faccia sue le ragioni di chi in questi anni e in questi mesi sta lottando, nella scuola e nei luoghi di lavoro, per la giustizia sociale e la libertà femminile, che sappia opporsi al razzismo e all’offensiva clericale del Vaticano. Che si batta per un intervento pubblico finalizzato alla riconversione sociale e ambientale dell’economia, per la redistribuzione del reddito, contro la guerra, le spese militari e per il disarmo europeo. Una proposta che rivolgiamo ai tanti e alle tante che da Genova in poi hanno animato l’esperienza dei Fori sociali e che hanno contribuito a dare gambe e sostanza all’idea di un’altra Europa possibile.

Una lista da costruire attraverso una grande partecipazione di tutti coloro che decideranno di farne parte e di sostenerla, al fine di unire e consolidare le forze che in Europa si battono per una uscita da sinistra dalla crisi, per un’alternativa al liberismo e alle fallimentari politiche della grande coalizione fra popolari e socialisti europei. Una lista per un’altra Europa possibile: dell’uguaglianza, della pace, della giustizia sociale ed ambientale , dei diritti e delle libertà.

In questa prospettiva è necessario sviluppare il massimo di iniziativa per evidenziare il percorso politico e di lotta per l’altra Europa, sostenendo e partecipando alle iniziative di movimento già in cantiere e decise dal forum Sociale di Belem, fra le quali il 28 marzo a Londra contro il G20, il 4 aprile a Strasburgo contro la NATO, l’8-10 luglio in Sardegna contro il G8.

Approvato con 3 astensioni

CPN 29 Marzo 2009 - Relazione di Paolo Ferrero


La nostra azione politica deve essere collocata dentro questa grande crisi economica. Questa rappresenta l'esito dei processi della globalizzazione neoliberista, che possiamo così sintetizzare: bassi salari, taglio del welfare, processi di finanziarizzazione dell'economia. Di fronte alla crisi finanziaria, l'idea che va per la maggiore è pompare quantità enormi di danaro verso le banche, mantenute private. Questo significa produrre un ulteriore travaso di ricchezze dai salari e dal bilancio pubblico verso la rendita finanziaria. Insomma, la valutazione che propongo è la seguente: le politiche messe in campo non danno elementi di fondo per l'uscita dalla crisi perché non affrontano i nodi che hanno determinato la crisi. Pur con qualche nota positiva a partire dagli Usa, non si affrontano, radicalmente, le questioni della redistribuzione del reddito, della ricostruzione di un sistema di welfare pubblico, di rendere pubblico il sistema del credito. Insomma, nelle politiche prevalenti nei governi attuali, non si intravede per adesso nessun new deal.

Il caso italiano
In Italia, il governo Berlusconi non vuole risolvere la crisi ma la utilizza per una svolta a destra, per scardinare le relazioni sociali ed istituzionali. Lo vediamo nell'attacco al contratto di lavoro e al diritto di sciopero, nell'attacco alla scuola pubblica e al sapere come bene comune, nell'approvazione del federalismo fiscale, nei tagli agli enti locali, negli attacchi alla Magistratura. Un attacco complessivo che utilizza elementi ideologici e simbolici: i migranti utilizzati come capri espiatori e una politica integralista e reazionaria sul testamento biologico. L'elemento da sottolineare è il seguente: il disegno della destra è organico e ha come obiettivo la gestione autoritaria della frantumazione sociale, attaccando insieme diritti sociale e diritti civili. Si colpisce il sindacato e la magistratura, indebolendo i corpi sociali intermedi e il bilanciamento dei poteri dello Stato. C'è contemporaneamente una operazione di cooptazione di gruppi dirigenti dei poteri forti, anche di quelli che stavano dentro l'orbita del centro sinistra, da Confindustria al sistema bancario. Col Vaticano vi è già piena identità di vedute. Questo processo materiale si accompagna al processo politico della costruzione del partito unico delle destre, una forza a vocazione egemonica totalitaria.
Io credo che tutto ciò determinerà, dopo il passaggio delle europee, l'esplicitarsi di un'ipotesi di scardinamento istituzionale: la riduzione del ruolo e dei poteri del Parlamento e l'elezione diretta del Capo dello Stato. Uno sfondamento istituzionale, coerente con progetto sociale e politico: la realizzazione del programma della P2.
L'opposizione che non c'è
Il principale vantaggio di Berlusconi è, innanzitutto, l'inefficacia dell'opposizione parlamentare. Questione che ritengo risieda fondamentalmente nell'assenza di un progetto alternativo. Berlusconi ha un disegno chiarissimo mentre l'attuale opposizione parlamentare, anche per la relazione di internità che ha con quei poteri forti che le destre stanno cooptando, non ne ha uno suo. In questo quadro, dobbiamo riconoscere che anche noi abbiamo avuto in questi mesi una difficoltà a costruire un punto di vista diverso, visibile a livello di massa. Non siamo riusciti a costruire un punto di vista alternativo all'opposizione parlamentare. Soprattutto a causa delle nostre divisioni interne, anche dopo la manifestazione dello scorso ottobre, non siamo stati in grado di produrre una iniziativa che avesse un grado sufficiente di efficacia e visibilità. La forza di Berlusconi sta, quindi, nell'indeterminatezza e inefficacia dell'opposizione parlamentare e nella nostra impotenza. Non che Rifondazione non abbia promosso iniziative importanti: contro l'attacco alla scuola, per la difesa del contratto nazionale, in rapporto alle vertenze sindacali, l'avvio di esperienze di mutualismo come la distribuzione del pane ecc. Ma non siamo ancora riusciti a dare visibilità a un progetto alternativo.

Una campagna di massa contro la crisi
Vi propongo quindi di fare un salto di qualità a partire dal fatto che le nostre divisioni ci stanno dietro alle spalle e dal fatto che oggi la crisi inizia a mordere ferocemente. Dobbiamo innanzitutto spiegare perché c'è la crisi. La crisi non deriva dal fatto che abbiamo vissuto oltre i nostri mezzi e che quindi il modo per uscirne è tirare la cinghia. E' il contrario: la crisi è prodotta dai bassi salari, dalla distruzione del welfare, ecc. Per questo proponiamo di fare una campagna di massa, da dispiegare nei prossimi due mesi, con una raccolta di firme in tutto il Paese per presentare la nostra lettura della crisi e la piattaforma che proponiamo.
I punti fondamentali sono:
- la redistribuzione del reddito;
- il blocco dei licenziamenti;
- l'estensione della cassa integrazione a tutti, a prescindere dalle dimensioni dell'azienda e dalla forma giuridica del contratto, e il salario sociale per i disoccupati;
- il no alle delocalizzazioni delle imprese;
- la lotta alla speculazione finanziaria (dall'introduzione della Tobin Tax, all'aumento della tassazione delle rendite, alla possibilità per i lavoratori di rientrare in possesso del loro Tfr, vista la perdita clamorosa determinata dai fondi pensione);
- l'intervento pubblico in economia, sia sul versante del controllo pubblico del credito che da quello della riconversione ecologica delle produzioni.

Questa piattaforma deve crescere dentro le mobilitazioni, a partire da quella di oggi del sindacalismo di base e quella di sabato prossimo della Cgil. Dobbiamo avere chiaro infatti come oggi il fondamentale elemento su cui costruire una controtendenza sia la tenuta della Cgil e del sindacalismo di base. Per contribuire affinché questa tenuta politica di mobilitazione prosegua anche dopo il 4 aprile, cosa non semplice o scontata.
In secondo luogo è assolutamente decisiva la capacità di far vivere questa nostra campagna di massa nei territori e nella costruzione di vertenzialità locali. Dobbiamo costruire Comitati unitari contro la crisi, come organismi aperti e partecipati. Faccio un solo esempio concreto ma di grande rilievo. Per fasce importanti di lavoratori, in particolare nel nord, le casse integrazioni vanno in scadenza; questo sta portando direttamente ai licenziamenti. Se questo accade si pone il problema di mutare forme di lotta, arrivando sino all'occupazione delle fabbriche. Insomma, un conto erano le crisi degli anni 80: per la gran parte, processi lunghi che duravano 6/7 anni. Ma se oggi, solo dopo un anno, si arriva al licenziamento, o sei in grado di tenere aggregati i lavoratori anche con un livello di lotta più alto o non hai la possibilità di arrestare un processo di disgregazione. I comitati contro la crisi devono aiutare a non isolare quei lavoratori ma a creare una solidarietà vasta tanto più necessaria quando si alza il livello del conflitto.

Come andranno a finire queste mobilitazioni e queste vertenze non è cosa da guardare come spettatori. Non si costruisce una sinistra di alternativa vera e radicata se viene sconfitta la nostra gente. Questo interessa direttamente la prospettiva della costruzione di una sinistra autonoma e alternativa al progetto del Pd, con un suo profilo politico e culturale, una sua piattaforma e abbia come elemento fondante il proprio essere alternativi al Pd e la lotta al bipolarismo.
La lista anticapitalista
Per le amministrative, si è lavorato tenendo al centro del programma le questioni della crisi con proposte di merito. Per le elezioni europee, avevamo un mandato chiaro: dare vita a una coalizione anticapitalista, di forze di sinistra e comuniste. Una lista i cui eletti avessero aderito al Gue e un simbolo elettorale che partisse da quello del Prc. L'esito concreto è una lista proposta da 4 soggetti: Socialismo 2000, Consumatori Uniti, Pdci e Prc. Nel documento che sancisce questa unità, l'aggregazione viene definita come lista anticapitalista che unisce i quattro soggetti suddetti e che è aperta ad altre forze, realtà sociali, movimenti, con alla base l'adesione al Gue che raccoglie le forze comuniste, della sinistra ecologista e anticapitalista. Le quattro forze si impegnano a costituire un coordinamento anche dopo le elezioni europee. Io credo che si sia fatto in questo modo un passo in avanti importante. Abbiamo messo con i piedi per terra, cioè ancorandolo a contenuti e percorsi reali una discussione sull'unità che altrimenti è puramente astratta. Unità tra diversi soggetti, ognuno con il suo legittimo progetto - che va tenuto un passo indietro in campagna elettorale - ma uniti su una lista per le europee che ha una discriminante anticapitalistica e contenuti molto precisi e che decidono già da adesso che saranno assieme in un coordinamento anche dopo le elezioni. Ringrazio i compagni che hanno lavorato in queste settimane per il raggiungimento di questo risultato e chiedo al Cpn di approvarlo.

lunedì 6 aprile 2009

CPN del 29 Marzo 2009 - Intervento di Vincenzo Pillai


Condivido la proposta della segreteria su simbolo e dichiarazione politica unitaria anche se vedo tutti i rischi di questa soluzione. Voglio quindi cercare di sviluppare un punto che non mi sembra sufficientemente presente nella nostra riflessione. Se il precipitare della crisi socio economica è quale noi la descriviamo, attribuendo all’attacco ai salari, pensioni e diritti il cuor vero della crisi, allora, io credo che non prestiamo sufficiente attenzione alla preparazione dei nostri compagni rispetto a ciò che ci attende nel prossimo anno. Sinteticamente: i disoccupati di oggi non avranno trovato lavoro, chi è da tempo in cassa integrazioni ne uscirà con aiuti sempre più insufficienti ,chi entrerà in CIG saprà che difficilmente tornerà a lavorare nel breve periodo, una larga fascia di piccola borghesia avrà esaurito i risparmi e si ritroverà povera e frustrata, base ideale per operazioni peroniste, tanto più in presenza di un montante spirito razzista .Tutto ciò si accentuerà nell’arco di dodici mesi in cui saranno progressivamente erosi i salari,i diritti sindacali e civili, lo stato di democrazia che abbiamo conosciuto: anche se ci saranno lotte , punti di resistenza e ci sarà l’iniziativa del nostro partito con la presenza nella costruzione di forme di solidarietà mutualistica orientate a farsi rete.

Pensate pure a tinte meno fosche, perché quello su cui voglio attirare la vostra attenzione è che il nostro partito in questi anni non ha lavorato per costruire il militante anticapitalista che ci servirà nei luoghi di lavoro e nelle strade fra un anno. Noi abbiamo un’intera generazione che è cresciuta facendo politica sui ritmi e le modalità delle scadenze elettorali; molti non hanno neppure la fondamentale esperienza personale dello scontro con il padrone nel luogo di lavoro ,della militanza sindacale,ma solo quella del dibattito nel circolo o nelle sedi istituzionali e con gravi inclinazioni all’individualismo ,al carrierismo veicolato dall’ incultura berlusconiana: Dobbiamo, dunque, investire in uomini e mezzi per fare del partito, delle nuove case della solidarietà, i soggetti che mettono in rete le avanguardie e non sottraggono loro il potere, facendoci delegare bensì dando strumenti di memoria e di conoscenza dell’oggi per affrontare quello scontro nel quale si giocherà ben altro che la nostra presenza nelle istituzioni Infine, dopo quello che avete sentito sulla Sardegna vi garantisco che ci sono sardi che, in piena coerenza con l’articolo 23 del nuovo statuto, daranno il loro contributo alla lotta di tutti per tutti, disinnescando nei prossimi giorni, con l’aiuto di tutti voi, la trappola che l’attuale segreteria regionale ha costruito con accuratezza certosina .